Cronaca

Estorsione e autoriciclaggio ai danni dei propri dipendenti, arrestata famiglia di imprenditori

L'operazione della guardia di finanza su una strutturata organizzazione criminale. Minacce e soprusi verso chi aveva bisogno. I soldi recuperati erano investiti per l'acquisto di terreni

Minacce e soprusi ai dipendenti, costretti a restituire parte del loro stipendio e a lavorare più del previsto. Questi i reati a cui dovranno rispondere quattro imprenditori di Santa Teresa di Riva, appartenenti alla stessa famiglia, e arrestati questa mattina dalla guardia di finanza. Le Fiamme Gialle hanno scoperto una strutturata organizzazione criminale, dedita alla commissione di condotte estorsive in danno dei propri dipendenti.

O restituisci parte dello stipendio o ti licenzio, così venivano minacciati i dipendenti

A raccontare tutto ai finanziaeri di Taormina sono stati gli stessi lavoratori. Così è stato documentato il sistematico ricorso a schemi di fittizio pagamento dei corretti emolumenti previsti dai Contratti Collettivi Nazionali: mensilmente, di contro, i lavoratori venivano obbligati alla restituzione - in contanti - di quota parte dello stipendio solo formalmente loro corrisposto. Parimenti, approfittando del loro stato di bisogno, analoghi illegittimi comportamenti si documentavano con riferimento alla sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro ed ai riposi spettanti.

I nomi degli arrestati

L’attività d’indagine trova la sua genesi nella quotidiana attività di controllo economico del territorio da parte della guardia di finanza, soprattutto con riferimento alla piaga del lavoro sommerso di lavoro ed all’utilizzo di manodopera in nero e irregolare. La disamina approfondita della documentazione extracontabile rinvenuta – tra cui diversi inequivoci “pizzini”, agende e prospetti di calcolo – acquisita in sede di primo accesso all’azienda, permetteva di ipotizzare l’esistenza di una vera e propria struttura organizzata.

Di qui, quindi, lo sviluppo dell’attività d’indagine, diretta dalla Procura della Repubblica di Messina e consistita in approfondimenti documentali ed intercettazioni telefoniche, che hanno chiarito come gli imprenditori, oggi tratti in arresto avessero fatto del “ricorso a minacce e soprusi” nei confronti dei lavoratori dipendenti, “un vero e proprio metodo di lavoro”. Del resto, presupposto imprescindibile per l’avvio e la prosecuzione dei rapporti lavorativi risultava proprio l’accettazione, da parte dei dipendenti, di condizioni contrattuali palesemente squilibrate, “lasciando chiaramente intendere che ove non avessero accettato la proposta non sarebbero stati assunti ovvero che sarebbero stati licenziati”.

La coerenza del quadro indiziario ha portato lo stesso giudice del tribunale di Messina a sottolineare come si trattasse di “un modus operandi consolidato, volto ad estorcere sistematicamente denaro ai lavoratori assunti e a imporre loro condizioni inique di lavoro al fine di conseguire ingiusti profitti economici, avvalendosi del potere di prevaricazione derivante dalle condizioni di difficoltà economica in cui versavano le persone offese; potere esercitato mediante minaccia, di volta in volta esplicita o velata, di licenziamento”.

Ma vi è di più. Le indagini esperite permettevano di accertare che gli indagati reinvestissero i proventi illeciti, pari a circa 200.000 euro oggi sottoposti a sequestro, nell'acquisto di terreni. Operazioni finanziarie illecite concordate da parte di tutti i sodali, al solo fine di autoriciclare il denaro provento delle estorsioni. In conclusione, l’operazione odierna testimonia, ancora una volta, l’impegno quotidiano della guardia di finanza e della Procura  di Messina nella lotta alle condotte criminali altamente lesive della persona e dell’attività di impresa.


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