Cronaca

A Messina dopo lo striscione scompare anche la memoria di Giulio Regeni

Lo striscione che era stato affisso sul balcone del Comune di Messina

Il 25 gennaio 2016 il sequestro del ricercatore italiano al Cairo, Giulio Regeni. Quattro anni dopo resta il mistero sul suo sequestro, le torture e la morte. Due lettori di MessinaToday vogliono ricordare a tutti noi, l'importanza di non abbassare la guardia, di continuare a cercare la verità. Che passa anche dalla presenza di quello striscione che campegggiava sulla facciata di Palazzo Zanca e che è stato rimosso. 

Dopo le elezioni amministrative del 2018 fu rimosso dal balcone principale di palazzo Zanca, sede del municipio di Messina, lo striscione giallo “Verità per Giulio Regeni”.

A suo tempo inviammo una lettera aperta ad una testata cittadina online in cui chiedevamo se quanto fosse avvenuto era da attribuirsi alla passata o all’appena insediata amministrazione e del perché di questa decisione. Nessun chiarimento fu dato in merito, come se le nostre domande rimbalzassero su un muro di gomma ed alla nostra richiesta al sindaco appena eletto di riesporre lo striscione giallo in segno di solidarietà nei confronti di Giulio, della sua famiglia e di tutti i cittadini a cui sta a cuore la ricerca della verità, non fu data alcuna risposta.

Sono passati due anni da quella lettera e con crescente amarezza dobbiamo constatare che nella nostra città continua un silenzio assordante su questa vicenda.

Nel quarto anniversario del rapimento del giovane ricercatore, torturato, ucciso e con il corpo ritrovato lungo l’autostrada per Alessandria, in tante città italiane, comprese Catania e Palermo, Amnesty International ed altre associazioni preparano fiaccolate e manifestazioni.

A Messina cosa succede? Nulla!!

Anche le istituzioni della politica e della cultura appaiono insensibili di fronte a questa tragedia che non riguarda solo la famiglia Regeni ma una intera nazione.

Giulio non è altro da noi. Giulio poteva essere un nostro figlio, un fratello, un amico e pertanto in nome di quei diritti umani che non devono essere calpestati, l’opinione pubblica ha il dovere morale di chiedere giustizia e verità.

I fatti sono ben noti. La magistratura italiana, nonostante la mancata collaborazione e le manovre di depistaggio del governo egiziano, ha iscritto nel registro degli indagati cinque agenti della National Security che avrebbero partecipato al sequestro, alla tortura e all’omicidio di Giulio, affermando, a conclusione dell’inchiesta, che quello di Regeni fu un omicidio di stato.

L’Italia in questa ricerca della verità è stata lasciata sola dai partners europei che avrebbero dovuto richiamare i loro ambasciatori dall’Egitto, perché Giulio era prima di tutto un cittadino e un ricercatore universitario europeo e la sua morte riguarda tutta l’Unione Europea.

Venuto a mancare l’appoggio dei paesi europei, l’Italia ha rimandato in Egitto il proprio ambasciatore e così il caso Regeni è stato sacrificato sull’altare delle relazioni economiche e militari con l’Egitto.

In occasione della presentazione del libro “Giulio fa cose”, Paola e Claudio Regeni hanno rivolto al governo italiano l’ennesimo appello di ritirare l’ambasciatore dall’Egitto come segno di un ulteriore disappunto nei confronti del governo egiziano per la sua continua e reiterata mancata collaborazione con la giustizia italiana nella ricerca della verità.

Maria e Pippo


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