Cronaca

Viadotto pericoloso, a processo funzionari del Cas: parte civile il Codacons

Dovranno rispondere per il cedimento del viadotto Buzza dell’autostrada A20 Messina-Palermo che, secondo l’accusa, sarebbe stato causato dalla mancanza di manutenzione o da lavori non eseguiti a regola d’arte

Il viadotto Buzza finito sotto la lente della magistratura

Andranno a processo il 4 maggio sei funzionari e dirigenti del Consorzio per le autostrade siciliane. L’inchiesta è quella per il cedimento del viadotto Buzza dell’autostrada A20 Messina-Palermo che, secondo l’accusa, sarebbe stato causato dalla mancata manutenzione o da lavori non eseguiti bene.

L'udienza si è svolta il 15 marzo al Tribunale di Patti e il rinvio a giudizio è stato disposto dal Gup Ugo Molina. Al processo sono stati ammessi come parti civili le associazioni dei consumatori Codacons e Codacons Sicilia, rappresentate dal legale Carmelo Sardella, che ha già annunciato, in caso di accertamento delle responsabilità, il risarcimento a favore degli automobilisti.

Cas, i sei dirigenti indagati per l'inchiesta sul viadotto Buzza

Imputati sono i responsabili delle singole aree autostradali, succedutisi negli anni, i quali non avrebbero provveduto alla manutenzione ed al ripristino a regola d’arte della struttura, omettendo di effettuare i lavori necessari per rimuovere le relative, potenziali situazioni di pericolo del viadotto Buzza a Caronia, sequestrato a maggio del 2020 su disposizione del gip Eugenio Aliquò in seguito all’indagine dei sostituti procuratori Giorgia Orlando e Federica Urban partite in seguito alla segnalazione di un automobilista.

I basamenti superiori in calcestruzzo su cui poggia il viadotto e l’intero asse viario, a seguito degli accertamenti disposti dalla Procura di Patti, sono infatti risultati fortemente “disassati”, dunque fuoriusciti e disallineati rispetto ai pilastri portanti del viadotto stesso, con la concreta possibilità di uno “scarrellamento” del singolo plinto rispetto all’appoggio ed all’asse viario ed il crollo dell’intero viadotto.

Ma l’organo di vigilanza del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti aveva già intimato al Consorzio per le Autostrade Siciliane di provvedere al monitoraggio immediato delle condizioni dell’opera, alla relativa manutenzione e, nelle more, all’interdizione al traffico veicolare.

“Dalle indagini – spiega l’avvocato Sardella - risulta come il Cas, invece, nel corso di oltre un anno e mezzo, si sia limitato esclusivamente a interdire al traffico il viadotto, interrompendo anzitempo, e del tutto arbitrariamente, a partire dall’aprile 2019 fino ad oggi, l’azione di monitoraggio che pure era stata inizialmente intrapresa; il Cas, inoltre, nel periodo in esame, non ha adempiuto all’avvio di qualsiasi opera di manutenzione o di verifica preliminare necessaria”.

Sulla questione era intervenuto l'assessore regionale ai trasporti Marco Falcone.  “Non abbiamo registrato alcuna inadempienza - aveva dichiarato a caldo - anzi, al contrario, sul viadotto Buzza vi è stata massima attenzione, da parte del Cas, sin dal dicembre 2018. Già da quella data, verificato lo spostamento dell’impalcato rispetto al pilone, la sede stradale è stata chiusa al traffico, spostando la viabilità sulla carreggiata a monte. Da quel momento il Cas ha dato impulso a un’incessante attività di monitoraggio dell’infrastruttura autostradale incaricando a tal proposito uno dei più qualificati strutturalisti di Sicilia, il prof. Antonino Recupero. In questi mesi abbiamo dunque potuto verificare dilatazioni e restringimenti della struttura, per stabilire così il miglior intervento progettuale da attuare. Voglio precisare - conclude Falcone - comunque, che nessun pericolo hanno corso finora gli utenti dell’autostrada proprio perché, sin dalle prime avvisaglie, i dirigenti del Cas hanno ritenuto opportunamente di chiudere il viadotto”. 


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