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Pietro Bartolo e le stelle di Lampedusa: "Un uomo comune che racconta storie dall'inferno"

Pietro Bartolo

Riceviamo e pubblichiamo:

In piedi, appoggiato alla meno peggio contro una mensola, si mescola tra la gente comune. Un uomo straordinariamente comune. Pietro Bartolo (con l’accento sulla O) non lesina abbracci, strette di mano e sorrisi a chi si presenta col libro in mano e il desiderio di guardarlo negli occhi. È qui a Messina da stamattina, presenta il nuovo libro “Le stelle di Lampedusa” che dopo “Lacrime di sale” vuole parlare al cuore delle persone. Avrà firmato decine di copie (nella foto una dedica), stretto centinaia di mani. Stamattina le scuole, oggi pomeriggio l’ultimo incontro coi messinesi -che la pensano come me-. L’espressione è segnata, lo sguardo mite e al tempo stesso fermo e rassicurante. -Il mare è lo stesso- attacca il dottore -quello che bagna anche le vostre coste. Pensate che mentre stiamo qui a parlare qualcuno in questo preciso istante lotta per attraversarlo e rimanere a galla. E quando ce la fa e chiedo da dove arriva risponde dall’inferno. 

Chi è Pietro Bartolo?- Ragiona ad alta voce. -Un medico che si occupa del fenomeno, non del problema -. 

Gli appuntamenti con gli studenti e a Palazzo dei Leoni

Viene voglia di farsi abbracciare. Una giacchetta beige che deve averne viste molte, gli occhiali penzolano dal collo e i capelli sale e pepe incorniciano un volto solcato da rughe che raccontano più delle parole. -La verità è che non so più cosa inventami- incalza -So che voi presenti la pensate come me, ma io pretendo che lo raccontiate al mondo quello che succede qui-. 

Indicando il mare inizia a parlare, il Salone degli Specchi è gremito di persone di ogni età, un pubblico multietnico che si ammutolisce all’unisono e la sua voce avvolge in una bolla di dolore misto a stupore e pudore per trattenere l’emozione che sale dalla pancia e reclama e scalcia per venire fuori con prepotenza. Le immagini scorrono strazianti. I racconti vengono davvero dall’inferno. Stupri, violenze e orrori che da quasi trent’anni lo ossessionano nei peggiori incubi coi quali ha imparato a convivere. I bambini sono le vittime silenziose che più volte lo hanno portato a mollare tutto. -Ma poi ritorno. Faccio il mio dovere, ho giurato. E non chiamatemi eroe. Io ho paura quando devo aprire il sacco schifoso - Sembra quasi scusarsi. -Credo nella buona politica, non in questi cialtroni. Sono bambini. Come i suoi - non lo nomina mai direttamente, ma è a lui che si rivolge quando dice che abbiamo perso la strada e la prima cosa che farà a Bruxelles sarà modificare la convenzione di Dublino. I racconti del dottore di Lampedusa li puoi leggere sui social, uno per tutti il post virale della studentessa di veterinaria che rimbalza come un pugno allo stomaco su Facebook da un po’. 

Eppure sentirlo parlare della sua “isolaccia” guardandolo in faccia è qualcosa di diverso. Pietro Bartolo affronta un argomento epocale con delicatezza e crudezza miscelando orrori e misericordia con rispetto e sensibilità. Si rivolge a lui ribadendo la normalità del fenomeno migrazione, evento fisiologico che esiste in natura da sempre. -Sono solo neri- sorride - e arrivano qui con le cicatrici sul corpo, i nostri figli quando vanno via arrivano con la tristezza nel cuore. Tutto qua. Il Mediterraneo è la più pericolosa frontiera che esista al mondo. Il mare è crudele e non perdona- insiste  Bartolo da ex imbarcato e uomo di mare che conosce e rispetta. E sorride ancora  riflettendo sulla sottile soglia che separa l’essere buoni dall’essere buonisti in un momento storico in cui salvare una vita umana significa far quadrare i conti perché i soldi che ti servono per pagare non bastano. Cinquemila euro per salvare una vita umana. E quando gli chiedo cosa penseranno di noi tra cento anni, quando ci leggeranno sui libri di storia mi guarda dritto e mi gela senza esitazione -Animali, diranno che siamo animali.

Raffaella Schirò


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